I soliti figli di papà dei collettivi hanno voluto mettere in scena ancora una volta il loro show per tentare di impedirmi di parlare. Ma i loro metodi antidemocratici da censori, ai quali non ci rassegneremo mai, hanno fallito ancora una volta.
Questa volta l’occasione era un seminario dal titolo “Il Lobbying in Italia fra storia, politica ed etica” organizzato dall’Università di Firenze nell’ambito del corso di “Theories and practice of lobbying” della laurea magistrale di relazione internazionali e studi europei, tenuto dalla professoressa Sorina Cristina Soare. Un tema molto interessante.
Già nei giorni scorsi il collettivo di Scienze politiche aveva annunciato le barricate con il chiaro intento di impedire il suo svolgimento.
Così stamani sulle mura esterne di un edificio della facoltà di Scienze politiche in via Forlanini è apparsa la scritta con vernice nera “Fuori i partiti dall’università, Donzelli fascista Firenze ti schifa”.
Visto che chi si permette di perdere tempo così all’università ha evidentemente buone famiglie alle spalle, dovrebbero chiedere ai genitori i soldi per pagare la ripulitura del muro.
All’arrivo questo pomeriggio all’iniziativa siamo stati accolti da agenti di polizia in assetto antisommossa e molti agenti in borghese, ai quali va la mia solidarietà.
Un’iniziativa didattica e di crescita che qualcuno ha evidentemente provato a trasformare in guerriglia. Ed un inutile spreco di forze e di risorse per l’ordine pubblico causato dall’idiozia.
Al presidio di protesta hanno partecipato in non più di venti. Hanno urlato cori offensivi e minacciato di morte, evocato la “ghigliottina” e infangato la memoria di Sergio Ramelli, giovane studente di destra ucciso a Milano nel 1975 da estremisti di sinistra, invocando per noi la sua stessa fine. Una situazione davvero surreale.
Alcuni dei manifestanti sono anche entrati nell’aula della lezione, tentando di bloccarla. Hanno preso la parola interrompendo il seminario ed esponendo cartelli che nulla avevano a che vedere con quella situazione.
Mentre all’esterno si urlava contro, all’interno il dibattito è stato interessante e vivace. Io ho provato a dare il mio contributo da parlamentare direttamente coinvolto nei processi decisionali.
Le lobby dovrebbero essere uno strumento di rappresentanza democratico. I gruppi di interesse se dichiarati e trasparenti possono essere parte integrante della democrazia. Serve più trasparenza, soprattutto alla luce del fatto che i soggetti politici con i quali si raffrontano le lobby sono sempre più deboli.
Le regole sui registri delle attività delle lobby sono oggi completamente inadeguate. Basti pensare che esiste alla Camera e non al Senato, e che, ad esempio, Palazzo Chigi e i Ministeri hanno regole ancora diverse e differenti fra di loro.
Non solo: le schede sono assolutamente insufficienti nelle informazioni. Ecco qui sotto qualche esempio fra quelle presentate alla Camera dei Deputati. E anche fra le altre presenti nessuna è più dettagliata di così.
Oggi le lobby concentrano sempre meno le proprie risorse per l’influenza diretta sul decisore politico e sempre più per influenza nell’opinione pubblica. E quindi è necessario normare anche questo aspetto.
Pinuccio Tatarella, in un’ormai memorabile intervista rilasciata nel 1994, quando il primo governo Berlusconi, nato da poco, era già sotto la minaccia di un ribaltone, coniò la definizione “poteri forti” definendone il contenuto.
I poteri forti – spiegò Tatarella – sono quei poteri che lavorano invisibili e non per “influenzare lo Stato, ma per diventare lo Stato”. Parlò di “Corte Costituzionale, Csm, Mediobanca, i servizi segreti, la Massoneria, Bankitalia, i gruppi editoriali con le loro intese, la grande industria privata”.
Ringrazio l’Università e la Prof.Soare per l’invito: il confronto è stato interessantissimo sul tema tra trasparenza e influenza degli interessi particolari nei processi decisionali.
Se certi figli di papà invece di rimanere fuori a ripetere a pappagallo slogan anni ‘70 avessero seguito la lezione ora sarebbero un po’ meno ignoranti.
Vogliono scimmiottare anni che per fortuna non hanno vissuto, che sono stati drammatici e che è bene che non tornino più.