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«Possono esserci sensibilità diverse, ma la linea è netta: l’Italia è con Kiev». La mia intervista al Corriere della Sera

Noi siamo la coalizione più stabile: alla sinistra piacerebbe vedere una maggioranza litigiosa, ma se sperano in una spallata si slogheranno la spalla

Di Monica Guerzoni

«Questa è la maggioranza più stabile di sempre».

Sarà, onorevole Giovanni Donzelli. Ma davvero non la allarmano le divisioni tra gli alleati, scoppiate anche nel giorno del vertice con cui la premier voleva ricompattare la maggioranza?

«La coalizione più stabile che abbia mai visto la nostra democrazia. Certamente non i vari Ulivi, i governi tecnici e di centrosinistra o il centrodestra di Bossi, Fini e Berlusconi hanno mai governato due anni senza un solo voto in disaccordo, o una discussione accesa in Cdm».

Questa estate di litigi tra Salvini e Tajani ha messo a rischio il patto di coalizione?

«Nessun litigio, si parla semplicemente di visioni compatibili, che con brevi chiacchierate trovano la migliore soluzione».

Sull’Ucraina la chiacchierata della Premier con Lupi e i due vice non è bastata. L’incidente della doppia nota congiunta non rivela la distanza in politica estera?

«Ma quale incidente! Ogni volta in Parlamento noi, invece, votiamo in modo unitario e compatto, mentre le opposizioni presentano cinque mozioni. Venerdì è uscito un comunicato firmato da tutti i leader, dov’è il problema?».

Non volete che le armi vengano usate per attaccare la Russia, come dice Tajani? O siete contrari, come Salvini, a ogni attacco fuori dai confini ucraini, come a Kursk?

«La politica estera è una cosa seria, non giochiamo a fare i tifosi. La posizione è chiara e netta in sostegno dell’Ucraina, quando necessario anche con le armi. Ma si possono utilizzare solo nel suolo ucraino, questo il mandato del Parlamento al governo italiano».

La linea dell’Italia non è chiara. È quella dei Patrioti di Orbán e Salvini, o quella della Ue e degli Usa?

«Perché dobbiamo sempre vedere l’Italia a rimorchio degli altri Paesi? Tutti riconoscono che la nostra linea è chiara e netta, tranne la sinistra che non ne ha una sua».

Quindi Meloni non arretrerà sul sostegno all’Ucraina?

«Non arretriamo, no. Collaboriamo per la pace».

E non vi imbarazzano le strizzate d’occhio della Lega in direzione del Cremlino?

«Nessun imbarazzo, ci ritroviamo negli stessi documenti. Poi ciascuno può avere sensibilità diverse, ma siamo orgogliosi di come il governo si è comportato fino a oggi».

Meloni continuerà a coprirsi a destra da Vannacci?

«Tutte follie, ricostruzioni giornalistiche. Non ci siamo fatti condizionare da nessuno in due anni, non vedo il problema se singoli parlamentari hanno delle opinioni. Contano i voti e gli atti di governo».

Avete trovato un accordo almeno sulle Regionali?

«L’accordo c’è, su tutto. Ufficializzeremo il nome del candidato presidente per la Liguria al momento opportuno. Di volta in volta scegliamo il profilo migliore, pensando ai cittadini e non alle bandierine di partito».

Eppure la tensione è forte anche sulle Regionali. Come farete a convincere Salvini e Zaia a cedervi il Veneto?

«C’è tempo, vedremo. Le divisioni sono nel centrosinistra».

Tajani proverà ad approvare lo ius scholae col Pd?

«Piacerebbe alla sinistra vedere una maggioranza litigiosa, ma se sperano in una spallata, si slogheranno la spalla. Si mettano l’animo in pace, governeremo tutta la legislatura. E se continuano così, anche quella doро».

La scelta di non votare per il bis di “Ursula” ha lacerato i rapporti con “Giorgia”?

«Non sono lacerati i rapporti personali e nemmeno quelli istituzionali, in base alle legittime posizioni prese. L’Italia in Europa deve ottenere il riconoscimento che le spetta per quello che vale, non per quello che vota. E von der Leyen ne è consapevole».

Se non otterrà una vicepresidenza esecutiva, Meloni ammetterà la sconfitta?

«Ricordo che in passato non esistevano e l’unica volta che sono esistite, con Conte e il Pd al governo e FdI all’opposizione, l’Italia non l’ha avuta. L’Italia otterrà il riconoscimento che merita, perché è una grande Nazione, ha forte stabilità politica e cresce più delle altre Nazioni. È finita la logica per cui in Ue bisogna pietire ruoli, rinunciando alle proprie posizioni politiche».

Le deleghe di Fitto resteranno alla premier? E quando si farà il rimpasto?

«Non sono appassionato a questi dettagli e non vedo l’obbligatorietà di un rimpasto. Valuterà Giorgia Meloni».

Nemmeno sulla Rai i leader hanno trovato l’intesa. Meloni concederà a Salvini il direttore generale in quota Lega?

«Non lo so, non mi occupo di Rai. Venerdi ho notato gli ottimi dati Istat sulla disoccupazione, la più bassa dal 2008. Nell’ultimo anno ci sono 490 mila posti in più».

Sulla Rai non ha risposto.

«Agli italiani interessano i risultati sulle cose concrete. Anche sulla Rai si troveranno le giuste soluzioni. Oggi arriviamo a 247 tappe della campagna estiva di Fdi, in cui Ministri, parlamentari e militanti semplici hanno girato per illustrare le 4 riforme per cambiare l’Italia, premierato, autonomia, giustizia e fisco».

Applausi a Donzelli?

«Ma no… Voglio dire che abbiamo perso le tracce dell’estate militante del Pd. Noi l’abbiamo fatta davvero».