Vogliamo che la Regione spieghi ai cittadini in che modo intenda intervenire per garantire un’adeguata cura ai malati mentali e per garantire la sicurezza degli operatori e delle persone ad essi vicine. Episodi come quello avvenuto nei giorni scorsi nella casa famiglia Piazza Pupilli di Massa e Cozzile (Pistoia), dell’associazione ‘Un popolo in cammino’, dove Gianluca Lotti ha ucciso il suo compagno di stanza, non devono più verificarsi. Insieme a Paolo Marcheschi e Marina Staccioli abbiamo presentato nei giorni scorsi un’interrogazione su questa sconcertante vicenda chiedendo “come sia stato possibile l’inserimento di un paziente così grave in una casa famiglia e non in una comunità terapeutica, con operatori in grado di rendersi conto della situazione e di cogliere i segnali del precipitare della stessa, e come mai in Valdinievole non ci siano le strutture residenziali terapeutico- riabilitative previste dalle leggi regionali”.
Lotti che, nel settembre del 1998 massacrò la sua fidanzata e, riconosciutagli la seminfermità mentale, fu condannato a sedici anni di carcere e, dimesso recentemente dopo anni di Ospedale Psichiatrico Giudiziario e carcere, seguito dal Dipartimento Salute mentale Asl 3 Pistoia, era stato affidato a questa struttura a bassa intensità di cura con la presenza di operatori a fascia oraria e sulla base di progetti specifici descritti nei programmi riabilitativi personalizzati degli utenti inseriti. Lo stesso dottor Vito D’Anza, responsabile del servizio di psichiatria Asl 3, ha dichiarato a ‘La Nazione’, che la misura di sicurezza alla quale era sottoposto Lotti era blanda ed assimilabile alla libertà vigilata e che, quando fu fatta la valutazione in accordo con i colleghi dell’ Opg e di Firenze sul suo trasferimento in casa famiglia, gli psichiatri non hanno deciso da soli, ma con un’ autorizzazione giudiziaria.
Eppure un episodio precedente accaduto nel reparto di psichiatria a Pescia aveva fatto sostenere al sindacato Cisl che ‘la politica delle porte aperte, principale causa di questi episodi si è dimostrata il punto debole del reparto dl psichiatria. Ferma restando la situazione attuale, vi è quindi la necessità di adottare accorgimenti atti ad evitare la fuga dei pazienti. Non solo: in data 7 maggio 2012, si apprende dal quotidiano ‘Il Tirreno’ la “preoccupazione per l’assistenza ai malati psichiatrici nei medici e negli operatori del servizio dell’Asl 3 che accusano i vertici aziendali di arroganza e prepotenza”, e che “contestano la riorganizzazione decisa dall’Asl che ha deciso di trasferire a Pistoia il sistema organizzativo sperimentato (oramai da sei anni) nell’area della Valdinievole. L’azienda ha inoltre proposto l’apertura del centro salute mentale alla domenica e festivi, cosa che non si riscontra in alcuna provincia della regione. Da anni i pazienti ricoverati a Pistoia non usufruiscono della presenza del medico psichiatra durante la notte. Questa grave anomalia è stata aggravata dall’apertura del centro di salute mentale nei giorni festivi: con tale cambiamento, infatti, lo psichiatra viene dirottato, già dal sabato pomeriggio, dal reparto psichiatrico ospedaliero, al Csm e sul territorio, quindi fuori dal contesto ospedaliero; in definitiva, si viene a creare, come in Valdinievole, la bizzarra situazione per cui dalle ore 14 del sabato alle ore 8 del lunedì, non ci sarà più un medico psichiatra nel reparto”.
Una situazione paradossale che genera comprensibile apprensione nei cittadini tanto più cheil decreto ‘svuotacarceri’ ha previsto lo smantellamento degli Opg che sarebbe dovuto avvenire entro il 31 marzo 2013, scadenza poi slittata al primo aprile del 2014 e destinata già a un ulteriore rinvio. La legge prevede infatti che i pazienti internati negli Ospedali psichiatrici giudiziari vengano distinti in due gruppi: quelli con una pericolosità sociale tale da giustificare la detenzione e quelli che possono già essere parzialmente reinseriti nella società. I pazienti ancora socialmente pericolosi dovrebbero essere ospitati in istituti con una gestione esclusivamente sanitaria e con la sicurezza garantita da un perimetro di vigilanza esterna, ma tali strutture sono ancora troppo poche.
Sollecitiamo la Regione a mettere in moto ogni iniziativa di sua competenza per verificare la situazione organizzativa nel dipartimento di salute mentale di Pistoia. La delicatezza della materia, vedi il caso Kabobo a Milano, non può andare a detrimento della necessaria fermezza e rigore.