Una ricorrenza da dedicare a tutti coloro che antepongono l’amore per la propria Patria a ogni contrapposizione ideologica, come ha ricordato Giorgia Meloni in una lettera al Corriere della Sera
Il 25 aprile è una data importante per l’Italia, una ricorrenza che rimette al centro i valori della democrazia e della libertà che erano stati conculcati durante il fascismo. Ed è fondamentale che questa sia una giornata che unisce tutti, un passaggio importantissimo per la nostra nazione. Anniversario della Liberazione che ho celebrato partecipando alla cerimonia istituzionale e al corteo tenutisi a Firenze. Come ha scritto Giorgia Meloni nella lettera pubblicata oggi dal Corriere della Sera, “democrazia e libertà sono scolpite nella Costituzione con un testo che aveva l’obiettivo di unire, non di dividere”. Obiettivo che purtroppo, negli anni, non tutti hanno perseguito: quando accusando i partiti che rappresentano la destra in Parlamento di nostalgismi, quando tentando di strappare dal libro della storia pagine che invece meritavano di essere raccontate. E che se lo fossero state avrebbero nel tempo favorito un clima di concordia. Ad esempio, come ricorda il Presidente del Consiglio nella sua lettera al Corriere, mimimizzando il dramma che centinaia di migliaia di italiani di Istria, Fiume e Dalmazia si trovarono a vivere proprio mentre il resto della nazione festeggiava il ritorno alla libertà. Un dramma, quello delle foibe e dell’esodo, provocato dalle rivendicazioni espansionistiche della Jugoslavia di Tito (a cui ancora non è stata revocata l’onorificenza della Repubblica) su quelle terre, oltre che su parte dell’attuale Friuli Venezia Giulia. Una volontà di annessione contro cui si batterono uomini e donne delle Brigate Osoppo, composte da militari, repubblicani, monarchici, cattolici, azionisti, liberali. Partigiani bianchi vittime di un’altra pagina poco conosciuta come l’eccidio di Porzûs, compiuto da partigiani delle brigate Garibaldi su indicazione dell’esercito jugoslavo. 17 martiri della lotta contro ogni forma di dittatura, come era nello spirito della Osoppo. Tra i componenti della brigata Paola Del Din, 99 anni e un carico di storia da raccontare e di amore per la patria da trasmettere. A lei Giorgia Meloni ha dedicato questo 25 aprile, come simbolo di tutti gli italiani “che antepongono l’amore per la propria Patria a ogni contrapposizione ideologica”.
“Ci chiamavano partigiani, eravamo patrioti”
Classe 1923, friulana, figlia e sorella di militari, Paola Del Din aderì alla Resistenza esattamente un anno prima della Liberazione, il 25 aprile del 1944. Giorno in cui suo fratello Renato, tra i fondatori delle Brigate Osoppo, fu ucciso in uno scontro a fuoco. Nome in codice “Renata”, Paola Del Din per un anno fu protagonista di temerarie azioni a fianco delle forze alleate, fino a lanciarsi con il paracadute tra le linee nemiche o attraversare la linea gotica per portare un importante messaggio a Firenze. “Elevato spirito di sacrificio e sconfinata dedizione alla causa della libertà”, si legge nella motivazione del conferimento della medaglia d’oro al valore militare. “A noi l’aspetto politico non interessava, la nostra volontà era combattere per l’Italia per cercare di salvare quella che sarebbe stata l’epopea della nostra patria. Noi non ci chiamavamo partigiani, ma patrioti”, ha detto non più tardi di un anno fa nell’anniversario dell’eccidio di Porzûs. A lei e a tutti coloro che si sono battuti, si battono e si batteranno per la libertà e la democrazia va il nostro grazie.