L’intervista al quotidiano Il Tempo sul presidio permanente di Fratelli d’Italia per dare voce alle imprese e le categorie massacrate dal governo
Un presidio permanente per dare voce alle categorie abbandonate e massacrate dal governo. E l’iniziativa che stiamo mettendo in campo con Fratelli d’Italia, di cui ho parlato in un’intervista al quotidiano Il Tempo. Perché le imprese per fronteggiare l’emergenza coronavirus chiedono solo di poter lavorare.
Contro la crisi coronavirus “le imprese non chiedono sussidi ma regole per lavorare in sicurezza”. Ecco l’‘intervista di Pietro De Leo al quotidiano Il Tempo.
Coronavirus: “Le imprese non chiedono sussidi ma regole per lavorare in sicurezza”.
La mia intervista completa al quotidiano Il Tempo
«Le imprese, purtroppo, stanno perdendo la speranza». Cosi Giovanni Donzelli, deputato e responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, traccia la sintesi dei primi giorni di presidio permanente che il partito ha promosso a Piazza Capranica.
Un’iniziativa per ascoltare categorie, associazioni di rappresentanza, anche singoli che vogliano esprimere, pacificamente ma con dolore, tutta la loro disperazione in questa fase drammatica.
«Chi non può venire in piazza» spiega Donzelli a il Tempo, «può prenotarsi online e svolgere poi il suo intervento via Skype. Andremo avanti tutta la settimana, e forse anche oltre. Fratelli d’Italia sta dando voce a tutte queste persone, al contrario del governo. Io posso capire -prosegue Donzelli – che Conte in questo momento non ha tempo, ma qui latitano anche i partiti della maggioranza, che invece dovrebbero essere la cinghia di trasmissione tra il Paese e l’attività dell’Esecutivo».
Le realtà associative e le persone che state incontrando come hanno colto il decreto ristori?
«C’è molta sfiducia, anzi al momento è un provvedimento nemmeno percepito, perché fanno fede i precedenti. I soldi stanziati dai quattro decreti lungo l’arco dell’anno si sono incagliati sulla burocrazia, sulle procedure. Oppure sul fatto che mancano ancora molti decreti attuativi. Perciò, il ragionamento che fanno le imprese è: se finora abbiamo visto pochi soldi o addirittura niente, difficile che adesso possano cambiare le cose».
Uno dei punti dolenti del decreto ristori, ad esempio, è che non copre i costi fissi.
«Ci sono anche dei comparti non compresi nel provvedimento, che stanno facendo sentire la loro voce. Si, il tema dei costi fissi è centrale, senza dubbio. E riguarda anche quelle categorie apparentemente non toccate dalle misure restrittive, ma in realtà colpite dagli effetti. Per esempio i negozi. Subiscono il fatto che c’è meno gente in giro a fare shopping, e anche loro ovviamente hanno dei costi fissi enormi».
Dunque c’è un tema di quantità e di procedure. Però tutta questa montagna di soldi che servirebbero dove la prendiamo? Rischia di esplodere il debito…
«Noi per primi abbiamo fatto gesti di fiducia e responsabilità, votando gli scostamenti di bilancio. Però nessun operatore economico ha percepito traccia di questi soldi. Questa è la sensazione che hanno tutti, ed è purtroppo veritiera. Magari qualcuno sarà riuscito a comprarsi un monopattino, con il bonus dedicato, ma non è questo che serviva all’economia. E a dire il vero non è neanche servito ad alleggerire i mezzi del trasporto pubblico!»
La prima ondata del Covid ha dato una bastonata enorme all’economia. Ci sono state molte chiusure dì attività, ma la sensazione è che, con immenso sforzo, le imprese hanno trovato il modo per ricominciare a camminare. Questa seconda ondata rischia di essere letale.
«Sì, rischia di essere tragicamente definitiva, perché viene affrontata nel modo più sbagliato. La famigerata chiusura alle 18 ha lasciato spiazzati tutti. Ad un bar o un ristorante togli il guadagno, ma non i costi vivi. Già lo smart-working ha portato ad una situazione di partenza molto difficile a causa della riduzione di clientela. Con le nuove restrizioni si complica tutto ulteriormente. Ora vedremo, poi, quello che accadrà con le misure in arrivo».
Dunque le imprese chiedono procedure più snelle e soldi veri.
«E chiedono, forse questa è la rivendicazione più forte, delle regole per lavorare in sicurezza. Norme chiare, come aveva detto sin da subito anche Giorgia Meloni. Come predisporre gli ambienti, quante persone far entrare, come gestire gli orari di maggior afflusso. Peraltro, a differenza della prima ondata, in questo mo-mento il tema doveva essere il come convivere con il virus. Con l’impostazione data dal governo è impossibile farlo: certi dpi di attività chiudono e ad altre viene consentito di rimanere aperte. E poi si chiude per tot settimane, si riapre e poi si richiude di nuovo. In questo modo è impossibile per chiunque programmare e investire sulla propria impresa».