Il governo agisca per fermare il caporalato che le aziende cinesi mettono in pratica sfruttando la manodopera di stranieri e garantisca il rispetto delle regole e quindi impedisca la concorrenza sleale alle aziende italiane.
Dopo i gravi fatti accaduti ancora una volta a Prato, ho presentato alla Camera dei Deputati un’interrogazione, l’ennesima sul tema, dopo che abbiamo denunciato ciò che accade nei capannoni cinesi.
Le vicende sono quelle che riguardano le proteste emerse dopo le denunce degli stessi lavoratori e dei sindacati sulle tintorie cinesi, che hanno condotto a più iniziative di sciopero.
Il caso più eclatante è scaturito in un grave fatto quando un gruppo di cinesi ha aggredito alcuni pakistani in sciopero.
A Prato il tessuto imprenditoriale è sempre più caratterizzato da una considerevole presenza di piccole imprese a conduzione cinese, attive soprattutto nel settore tessile, le quali fanno quasi esclusivamente uso di manodopera extracomunitaria: cinese, africana o pakistana.
Negli ultimi mesi in alcune di queste microimprese si è registrato un peggioramento delle relazioni sindacali con scioperi proclamati dalle maestranze per protestare contro le condizioni di lavoro, l’assenza di diritti minimi come il riposo settimanale, i salari bassi e il mancato rispetto dei contratti collettivi.
Da un controllo effettuato dalle forze dell’ordine presso la tintoria Superlativa, anch’essa a conduzione orientale, sono emersi 15 lavoratori senza contratto di cui 6 clandestini.
Un blitz che ha fatto scattare anche la sospensione dell’attività imprenditoriale e la denuncia per il titolare per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si tratta della terza volta in cui la ditta tintoria Superlativa viene sanzionata per riscontrati lavoratori in nero da parte degli ispettori.
Ma la tintoria ha pagato un’ammenda che gli ha consentito di riaprire immediatamente ed è rimasta chiusa per meno di 24 ore.